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di Sylvia Chang (2017)

Siamo in Cina, Huiying è convinta che la madre, in punto di morte, le abbia sussurrato di voler essere sepolta accanto al marito.
Il problema è che la tomba del marito è in campagna, custodita dalla precedente moglie, Nanna, che pur essendo stata abbandonata dal consorte dopo pochissimo tempo, si considera ancora legata a quell’uomo e al suo ruolo, e si rifiuta di lasciar portare via la bara.
Alle due generazioni in contrasto si aggiunge la figlia di Huiying, Weiwei, la quale ha a sua volta un rapporto complicato con un ragazzo, ed è anche molto incuriosita dalla figura di Nanna, tanto da volerla conoscere un po’ di più.
I sentimenti di ciascuna delle tre protagoniste sono assolutamente degni di rispetto, e andrebbero raccontati sussurrando, ma il tutto viene completamente spettacolarizzato dai colleghi di Weiwei, che si buttano sulla notizia, cannibalizzandola, semplificandola e dandole un alone di sensazionalismo: le due donne che litigano sulla tomba, il talk show successivo, il viso sconvolto delle protagoniste.
Huiying crede di dover sistemare le cose come (forse) la madre avrebbe voluto e si affanna a cercare il vecchio certificato di matrimonio lottando contro la burocrazia cinese.
L’anziana Nanna pensa di avere ancora un dovere morale verso quell’uomo, nonostante sia rimasta da sola subito dopo il matrimonio, e si affanna a mostrare a Weiwei delle vecchissime lettere che ne comprovino l’affettuosità.
Weiwei ha un rapporto amoroso con un musicista che vorrebbe trasferirsi lontano e vorrebbe che lei lo seguisse, ma lui ha anche dato tutti i suoi risparmi a un’altra donna che ha un figlio che lo chiama “papà”.
Le ragioni di Huiying, Nanna e Weiwei paiono viaggiare su binari paralleli, e forse il finale ne è la dimostrazione più lampante. E si ha la triste sensazione che l’unica ragione che fondamentalmente abbia vinto, sia quella dello spettacolo televisivo che su tutto predomina.

VOTO: 7

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